Gloria precaria

La spada di legno

Il governo italiano ha avuto sicuramente un successo riuscendo ad ottenere il via libera alla finanziaria con 14 miliardi di euro in deficit. La cifra è talmente impressionante che il governatore della Bundesbank, Weidman, ha subito sentito il dovere di ricordare a tutti che non si cresce con il debito. Si potrebbe anche aggiungere che, i debiti, ad un dato momento, andrebbero pagati. Anche se conosciamo bene, quanti, soprattutto dalle nostre parti, preferiscano lasciarli insoluti ostentando la più suprema indifferenza. Solo che un presidente del Consiglio non può adattarsi alle vesti di un mercante. Da questo momento, le notti di Renzi potrebbero essere gravate dall’incubo del Fiscal compact, più o meno come l’ombra di Banquo tormentava quelle di Machbet. L’accordo europeo che avrebbe dovuto imporre la riduzione del debito pubblico di un ventesimo all’anno, potrebbe essere stato sacrificato per una precaria gloria. Il prossimo anno certo l'Italia non potrà tornare a chiedere tanta generosità ad una Commissione che già si è spinta in misure eccezionali. Allora bisognerà capire come rientrare da un debito che dal prossimo anno sarà gravato almeno di altri 3 miliardi di euro, tanti la Commissione ne ha chiesti per l’indulgenza di oggi. Mettiamo che Renzi sia talmente abile da trovare un modo per non adempiere alle promesse fatte alla Commissione anche nel 2017. La maggiore flessibilità su un’esposizione debitoria come quella italiana avrà comunque un effetto devastante sui mercati. Ammesso che tutto vada per il meglio in quest’anno, il prossimo che si prepara per il presidente del Consiglio sarà tremendo. L’unica arma a cui il ministero dell’economia sembrerebbe volersi affidare sarebbe quella “spending review” che finora si è mostrata talmente spuntata, da sembrare una spada di legno. Al contrario, le voci di aumento delle spese elettoralistiche sono altissime e soprattutto concrete e tangibili. Può anche darsi che Angela Merkel si sia commossa vedendo il progetto costituzionale di Renzi che fa del Senato della Repubblica un Bundesrat tedesco. Ma perché l’Italia tenga il passo della Germania, ci vuole ben altro.

Roma, 18 maggio 2016